Un approccio ecoturistico
Non é solo una escursione, é uno stato d'animo, un desiderio di scoperta e condivisione. Il nostro approccio ecoturistico é alla base della semplicità dei nostri viaggi.
Il trekking nel deserto è un modo rispettoso di considerare quest'ambiente sinonimo di solitudine ma anche di carovane che ne percorrono in silenzio le immense distese. Il rispetto per l'ambiente e le culture del Paese sono le basi principali di ogni nostra partenza.
Partire in trekking con noi significa anche :
Nata nel deserto, Harmony Desert si sforza di garantire trekking nel rispetto della tradizione. Ciò avviene perchè i nomadi Saharawi che ci accompagnano nel deserto condividono il loro stile di vita durante il viaggio e loro stessi godono della compagnia dei trekkers; si crea così uno scambio culturale profondo sempre diverso.
La musica, le canzoni e la danza giocano un ruolo importante nella cultura del Saharaoui. Capita spesso durante un trek nel deserto che gli escursionisti condividano attivamente momenti culturali tipici frutto della creatività e della spontaneità di questa gente.
Proviamo ad offrire il compromesso di una vera esperienza umana. Il know-how delle nostre guide si trasforma in un servizio essenziale per i nostri trekkers. Il benessere dei nostri trekkers si trasforma nel benessere delle nostre guide. É una collaborazione sinergica frutto di una idea base. Essere nomadi nel deserto.
Dopo freddi e lunghi anni passati tra casa e lavoro in una scura Europa del Nord, decisi di rompere con la sicurezza degli schemi casa lavoro. Vendetti praticamente tutto ciò che avevo e che mi ancorava in quei luoghi e partii per un viaggio in solitaria nel deserto del Marocco, da Marrakech, attraversando Ouarzazate per poi partire a piedi da M'Hamid, verso i vasti e desolati paesaggi del Sahara occidentale.
Viaggiare é un'esperienza personale, ancora di più lo é se si viaggia in un deserto. Voltarsi indietro, respirare, e vedere M’hamid, ultimo baluardo di una civiltà quasi moderna, diventare un punto lontano, sparire all’orizzonte, lasciandoci senza punti di riferimento; guardare davanti a se, e non vedere che obiettivi immaginari e mete (forse reali?) proiezioni dei propri desideri di libertà. I nostri passi si fanno regolari attraverso palmeti, Oued ed Erg. Sono sul punto di vivere un viaggio nel nel deserto destinato a lasciare il segno nella mia coscienza.
I pensieri ci precedono come strade irreali, irraggiungibili. Camminiamo per il gusto del camminare, spinti forse solo dal fine stesso dell’atto. Il viaggiare per il viaggiare.
Nessun arrivismo. I sensi si rilassano in questo silenzio profondo. Il vento ci avvolge col suo incanto, e lo scricchiolio regolare delle ceste dei dromedari ci accarezza l’anima.
Il bivacco prende forma. Atman prepara la cena con la rughetta colta nel deserto durante il tragitto giornaliero. Una zuppa del deserto, buonissima, da mangiare con del pain du sable appena cotto sotto la sabbia incandescente.
Monto la mia tenda, ma la guardo con distacco. Saïd sta scavando una buca che sembra un sarcofago. Gli chiedo cos’è. “Aurish!” mi risponde lui. Lo guardo divertito e faccio lo stesso. Poi con un tappeto copro l’interno ed i bordi, per evitare che la sabbia, spinta da un leggero vento, mi ricopra durante la notte; preparo il sacco a pelo, una coperta in più che non si sa mai, e mi metto a raccogliere rami di Tamarindo per ravvivare il falò.
Il sole oramai sta tramontando. Siamo vicino alle Dune Urlanti. Voglio vedere il tramonto, e per fare ciò, devo raggiungere la cima di queste alte dune. Mi metto a correre sulla cresta di una montagna di sabbia che misura ad occhio una trentina di metri.
Manca poco, scollino, e di fronte, con mia grande sorpresa (o sconforto?), mi si para un’altra duna, più alta della precedente.
Col fiato corto mi lancio giù dal crinale ma quando arrivo sulla sommità seguente faccio appena in tempo a vedere ciò che resta di un sole rosso fuoco che tinge le nuvole del color del sangue immergersi inesorabile oltre l’orizzonte.
Quando mi giro per tornare al bivacco nomade mi rendo conto che sono lontanissimo. Per fortuna riesco a percepire il barlume del falò. Lo seguo come si seguirebbe la propria buona stella, e mi ricongiungo al gruppo
Siamo una carovana, e mi do da fare per aiutare questi infaticabili compagni di viaggio. Hasmann parte con passo svelto alla ricerca dei dromedari lasciati liberi prima del tramonto, con le caviglie leggermente legate, per pascolare quel poco che il deserto, così fertile ma al tempo stesso troppo arido, ha da offrirgli.
Passano i giorni, placidamente, e mi ritrovo seduto con Saïd, il ragazzo che poi mi avrebbe chiesto di portare in Italia le sue esperienze di vita nomade, a parlare e a giocare ad un tris del deserto. Non siamo lontanissimi da Mahmid.
Non so di preciso come, ma di colpo spunta dalle dune un suo caro amico. Chissà come sono riusciti a trovarsi in tanta vastità. Nel deserto non c’è codice postale che regga! “Ci troviamo grazie alle palme, i tamarindi, le dune...ogni cosa qui é familiare...siamo nati nel deserto!
Di colpo compare una chicha, sorta di grande bottiglia di cristallo dalle forme orientaleggianti dalla quale si possono fumare gradevoli essenze di tabacco aromatizzate.
Hasmann prende delle casseruole ed inizia a battere un ritmo martellante e a cantare in Arabo. Il resto della carovana si unisce al canto. Balliamo, ridiamo e beviamo tè mentre il tempo passa insospettato...il falò si spegne lentamente, come fa sempre, con quella calma tipica del tizzone ardente.
É già l’ora di tornare. Ripensando a questo viaggio, mi propongo di fare da ponte verso il Marocco, il deserto ed i suoi abitanti. Ripenso a Saïd ed alla sua famiglia.
Mi propongo di fare da ponte tra questo bell’Oriente occidentale e quei tanti viaggiatori occidentali in cerca di Oriente.
Voglio che altre persone vivano la mia stessa esperienza, ognuno a modo proprio. Voglio consigliare per rassicurare, organizzare e mettere a disposizione la mia esperienza diretta. Il progetto prende velocemente forma ed un nome www.harmonydesert.com, piccola agenzia di viaggi nel deserto del Sahara per viaggiatori autentici.
Durante sette giorni sperimentai la vita nomade dei beduini. Scoprii usanze antiche oramai a rischio di estinzione e l’anacronismo di certi usi moderni che hanno pervaso anche le più remote località di un Marocco del sud fino ad oggi quasi del tutto dimenticato.
Imparai a dormire dentro un aurish, e ne scavai diversi, per passare la notte sotto le stelle, nell’aria frizzante di gennaio, e ripararmi dal vento.
Persi svariate volte (anzi al dire il vero non vinsi mai), ad un gioco tipico dei beduini, gente in parte moderna in parte antica, dalla mente brillante e la curiosità sempre appuntita.
Mi stupii della varietà di flora e fauna e della fertilità insospettabile di queste vaste distese sabbiose.
Mauro Locatelli